Anna ha 61 anni ed insegna alle scuole medie di un piccolo paese nel sud Italia.
È molto attenta alla propria salute ed effettua regolarmente tutti i controlli preventivi possibili, sfruttando sia le prescrizioni effettuate dal suo medico di famiglia che i check up offerti dalla sua assicurazione sanitaria privata, oltre a recarsi trimestralmente dal proprio cardiologo di fiducia.
La paziente è affetta da ipertensione lieve, per cui assume regolarmente ramipril, 5 mg 2 volte al giorno, cui è stata aggiunta nella stagione invernale anche amlodipina, 5 mg alla sera.
Da 3 anni circa è poi in terapia ormonale sostitutiva con cerotti di estradiolo, alla dose di due cerotti a settimana da 25mcg/24h.
Ora è primavera, e tra i suoi studenti, con le temperature miti, si è diffusa una fastidiosa tonsillite streptococcica, che ha causato anche qualche caso di scarlattina. Preoccupata dalla possibilità di venire contagiata, chiede al medico curante degli integratori per prevenire questo evento.
La risposta, un po’ seccata, consiste nella prescrizione di abbondanti spremute ricche di vitamina C.
Dopo qualche giorno, Anna presenta una faringodinia ingravescente. Si guarda in gola e vede dei puntini bianchi sulle tonsille. Orrore! Telefona immediatamente al curante, che, fidandosi della diagnosi posta dalla paziente, prescrive claritromicina, 500mg 2 volte al giorno per 7 giorni.
Nel giro di un paio di giorni la sintomatologia sembra migliorare, ma succede qualcosa di inaspettato.
Per la prima volta nella sua vita, alla nostra paziente si gonfiano entrambe le caviglie. Pensando di avere una trombosi venosa bilaterale, Anna chiama subito il medico di famiglia e insiste per una visita domiciliare urgente. Ritiene infatti che il trasporto in ambulatorio possa scatenare una embolizzazione, con effetti fatali.
Il medico si reca al domicilio e riscontra un lieve edema da stasi.
Controllando la terapia, però, si accorge che può essere favorito da una interazione. Quale?