Ines e la terapia da rivedere

Ines ha 76 anni.
Nonostante un po’ di artrosi, tutto sommato risulta in buona salute in rapporto all’età.
È solamente ipercolesterolemica, in terapia con una associazione di rosuvastatina, da 10mg, e ezetimibe, sempre da 10 mg, una volta al giorno.
Soffre poi di una lieve ipertensione, trattata secondo le indicazioni del suo storico medico di famiglia, ora recentemente andato in pensione. Utilizza pertanto perindopril 4mg, 1 cp al mattino.
Infine, per le riacutizzazioni della sua abituale gastrite, che nel caso specifico si ripresentano ad ogni cambio di stagione, prende invece pantoprazolo, 40mg, sempre una compressa al mattino.
La nuova dottoressa, che ha preso il posto del più anziano medico curante, è tutto sommato contenta. La paziente è stabile, non presenta particolari problemi, pertanto prosegue con la terapia che sta assumendo.
L’unica difficoltà riscontrata nella gestione dei “nuovi” pazienti è quella di trascrivere accuratamente sulla cartella clinica elettronica le terapie.
Il medico precedente, infatti, mal sopportava l’utilizzo del computer, e teneva un archivio cartaceo delle cartelle, molto completo ma di difficile (e soprattutto poco rapida) consultazione.
Circa un mese fa, Ines si è recata in visita per un rialzo pressorio. La dottoressa in quell’occasione aveva prescritto un antipertensivo, olmesartan da 20 mg, da assumere alla sera. Aveva riportato la nuova terapia in cartella elettronica e raccomandato alla paziente di farsi rivedere dopo un mese per valutare l’andamento dei valori pressori.
Quando Ines torna dal medico, trova un sostituto: la dottoressa è infatti in maternità.
Il medico temporaneo, non conoscendo la paziente, le chiede per sicurezza di portare una confezione di ogni farmaco assunto.
Quando vede le terapie, identifica subito una interazione potenzialmente pericolosa. Quale?