Niente male, ma...

Rosalba ha 58 anni.
È in buona salute e non assume medicinali, tranne: perindopril da 4mg, una compressa al mattino, per una lieve forma di ipertensione arteriosa; colecalciferolo 25.000UI al mese per carenza di vitamina D.
Da ormai un anno però soffre di cervicalgie recidivanti, dovute ad una iniziale discopatia a livello di C5 correlata verosimilmente all’attività lavorativa: la paziente è infatti magazziniera in un supermercato.
Per questo motivo, si è rivolta al curante, che ha prescritto un trattamento con paracetamolo, 1000mg tre volte al giorno a cicli di una settimana, ripetibili al ripresentarsi delle riacutizzazioni.
Da qualche giorno Rosalba, complice il rigido clima invernale, lamenta una ripresa della sintomatologia algica ancora più pronunciata del solito: non vi è più solamente il dolore in sede cervicale ma sono comparse anche disestesie e formicolii diffusi a tutto il braccio destro.
Dato lo scarso beneficio apportato dalla terapia con paracetamolo e non riuscendo a mettersi in contatto con il curante a causa delle festività invernali, assume, su consiglio della vicina di casa, nimesulide, 100mg 2 volte al giorno, oltre al “solito” paracetamolo, con beneficio.
Dopo tre giorni finalmente riesce a prendere appuntamento col medico di famiglia, anche per chiedergli le prescrizioni necessarie al proseguimento della terapia.
Il medico inserisce i farmaci nella cartella clinica elettronica e si illuminano due avvisi. Quali?