Una combinazione cardiotossica

Ivano, 63 anni, è affetto da sindrome metabolica.
Pesa 110 kg ed è alto circa 1.75.
Oltre all’obesità, è affetto da diabete mellito di tipo II, ipertensione arteriosa e iperuricemia.
Sei anni fa è stato ricoverato per infarto miocardico acuto, poi rivascolarizzato tramite bypass.
Per questi motivi sta assumendo, in terapia cronica, acido acetilsalicilico 100 mg, una associazione di anti-ipertensivi (perindopril 10mg, amlodipina 5mg e indapamide 2,5mg in un’unica compressa), metformina e dapaglifozin come ipoglicemizzanti.
Con l’inizio della calura estiva, Ivano ha notato un fastidioso gonfiore alle caviglie, per cui si reca dal suo medico curante.
Alla visita, vengono riscontrati segni di stasi polmonare e si sospetta un iniziale scompenso cardiaco.
In attesa di effettuare una consulenza cardiologica, il medico imposta una terapia con furosemide 25 mg e idroclorotiazide 25 mg 3 volte a settimana.
Inizialmente il quadro sembra migliorare, ma dopo una settimana, mentre si sta alzando dal letto, Ivano sviene.
Dato che si è subito ripreso, il paziente non dà molto peso all’evento e non segnala l’accaduto al medico, attribuendo l’episodio alla stanchezza.
La settimana successiva, Ivano sviene nuovamente.
Viene chiamato il 118 e in Pronto Soccorso viene riscontrata un’aritmia cardiaca oltre a una importante ipopotassiemia.
Il potassio risulta infatti 2,8 mEq/L.
La diagnosi fatta è di chetoacidosi diabetica, aggravata dalla cardiotossicità data da una combinazione di farmaci. Il paziente viene stabilizzato e la terapia viene corretta.